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Carnage, ovvero la sottile linea rossa tra vittima e carnefice

New York, due coppie, i Longstreet (J.Foster e J.Really) e i Cowan (K.Wislet e C. Waltz) si riuniscono in seguito a una lite al parco tra i loro rispettivi figli. Pare che il figlio della prima coppia sia rimasto ferito al volto, colpito con un bastone dal figlio della seconda. L’obiettivo, almeno in teoria e in partenza, sarebbe quello di porre fine pacificamente alla questione, da persone civili, o presunte tali o più semplicemente dotate di un discreto livello sociale e economico da difendere. I bambini non sono ammessi alla riunione e poi, detto francamente, possono dire cose sconvenienti, di cui vergognarsi davanti gli altri. Meglio tenerli lontani dalle “cose da grandi”! Peccato che lentamente, ma nemmeno troppo, la maschera di civiltà che ognuno portava si va sgretolando, anche in seguito agli effetti di alcool e della obbligata permanenza insieme in un unico ambiente, un appartamento, dove è interamente ambientato il film, escluse la scena iniziale e finale, di cui parlerò alla fine. Primo argomento squisitamente polanskiano è appunto mostrare quanto sia falso che violenza, caos e perversione vengano rigorosamente dall’esterno (dal parco, dalle bande, dalla strada) quando invece all’interno dell’appartamento (che in teoria dovrebbe essere il paradiso della civiltà) succede di tutto e di più: dal vomito ai cellulari lanciati nell’acqua, i corpi non più composti sui divani ma sbracati a terra. Persa la censura iniziale e potentissima del loro super-io, la parola è libera e lo sono anche il gesto, lo sberleffo, l’insulto, come dei bambini appunto. Il tema del conflitto interno/esterno è alla base sia di Repulsion che de L’inquilino del terzo piano: più si tagliano i ponti con l’esterno, più le nevrosi si sommano verso la psicosi pura e la follia.

Non parliamo poi se si tratta di una coppia che si isola, come in Luna di fiele. In quel caso il passo verso il farsi male a vicenda è ancora peggiore e può essere un gioco all’inizio divertente per variare la routine quotidiana ma mano a mano si fa più pericoloso.

E se a isolarsi in un interno le coppie sono due? La questione su cui le due coppie tanto per bene, i Longstreet un po’ più radical-chic, i Cowan più medio-borghesi, perdono le staffe è un’altra di quelle scottanti, che caratterizza tutta la filmografia di Polanski. Sto parlando della pretesa, che probabilmente cela anche un nascosto piacere, di giudicare in maniera manichea, con conseguente bipartizione tra buoni e cattivi, tra vittima e carnefice degna di un re salomone. Il tutto ovviamente partendo dagli effetti e non da cause e sviluppi, senza capire i perché, ma ragionando a conti fatti e in base all’ottica del più debole all’apparenza. Questo modo di fare, diffusissimo, viene incarnato in particolare dal personaggio di Jody Foster, la nevrotica giustiziera e giuzialista per eccellenza. Alla donna infatti non passa minimamente per il cervello che il proprio figlio ferito (la vittima) possa invece anche avere torto e che aver provocato, con conseguente reazione e ricorso alla violenza da parte dell’altro, cosa che invece emerge nello sviluppo della storia. Eh, già: è dura ammettere che la violenza non nasce dalla cattiveria dell’uomo bensì è spesse volte provocata da azioni antecedenti o da una situazione disperata precedente. Altrettanto difficile ammettere che non esiste solo la violenza fisica ma anche quella psicologica che si esplica attraverso la parola quindi risulta invisibile e non direttamente dimostrabile, in mancanza di testimoni. Il tema centrale che sta a cuore a Polanski è volutamente tenuto sotto le righe: Carnage poteva osare di più e invece si mantiene in un registro piuttosto “polite” e “corretto” per gli standard dell’autore. Forse, è un po’ come se anche il personale stile di Polanski si fosse giocosamente imbevuto di “savoir fare”. O forse Polanski è semplicemente divenuto consapevole, con il tempo, che i suoi messaggi sono amari e affinché essi vengano digeriti senza rigetto dal pubblico devono essere un po’ allentati e criptati… A mio avviso siamo di fronte a un Polanski, sempre grande, ma decisamente edulcorato rispetto alla forza di capolavori precedenti. In ogni caso, intelligentissima la perla finale del film, che chiude ad anello il piano-sequenza iniziale, in cui i due bambini hanno già fatto pace e giocano nuovamente insieme, al contrario dei presunti civili ed educati genitori.

12 commenti su “Carnage, ovvero la sottile linea rossa tra vittima e carnefice

  1. Interessante il paragone con luna di fiele, cui non avevo pensato, però in effetti ci sta. Il film è molto bello, forse uno dei migliori di un’annata cinematafograficamente parlando non proprio entusiasmante! Un saluto!

  2. Sì, in effetti è stata un’annata particolare, più che altro credo perché si sono alternati momenti di grande vuoto in cui avresti dato qualsiasi cosa in cambio di un film decente da andare a vedere al cinema a momenti molto intensi. Una sopresa è stato The Artist, non so se l’hai visto… Ho fatto un paragone con il mondo di Chaplin, cercando di mantenere più distacco possibile anche se lo ammiro molto

  3. quello che più mi è piaciuto di carnage non è tanto il gioco al massacro della borghesia. le reminescenze bunueliane sono chiare sin dal modo in cui i protagonisti non riescono mai ad uscire dall’appartamento. tuttavia, ho trovato che polanski faccia un gioco compiaciuto e molto ironico sulla loro incapacità di centrare gli argomenti. carnage mi è sembrato un elegantissimo giro a vuoto in cui tutti i personaggi parlano per lo più del nulla (cioè l’impossibilità oggettiva di determinare il bene e il male) e in cui polanski si diverte un mondo a dissacrare i loro luoghi comuni e le loro certezze.

    • Sì, il gioco massacro della borghesia è argomento ben noto per i bunueliani ma non per tutti purtroppo… E’ vero, non ci avevo pensato ma il sotteso rimando all’Angelo Sterminatore è presentissimo! Ed è vero anche che per Polanski quello di cui di discutono è proprio il nulla… tutto inutile, un inutile sfoggio tra di loro per cercare di dimostrare qualcosa che non esiste. Un Polanski per i più, anche perché oramai si sarà rotto di essere linciato nel dire quello che pensa e si diverte così, nello sperimentare diversi generi. Sono bei prodotti, quindi “lasciamolo divertire” citando Palazzeschi!

  4. Sono d’accordo con il giudizio positivo sul film.
    C’è da dire anche che Il film è un capolavoro di investigazione psicologica, Polanski disseziona con la precisione di un bisturi tutte le sfaccettature psicologiche dei quattro personaggi mettendone a nudo tutte le verità nascoste, riuscendo a rompere il muro della convenzione e del perbenismo.
    A mio avviso uno dei film migliori del grande Roman, un film che si eleva dalla media (bassa?) dei film della stagione e ci restituisce una prova di grande cinema.
    Gli attori fantastici, i dialoghi perfetti, un film girato completamente in interni che riesce a tenere inchiodato lo spettatore sulla sedia, in questo ricordando il gigantesco Altman di Streamers.

    • Non sono d’accordo che sia uno dei migliori. Sicuramente è quello confezionato meglio negli ultimi anni, però L’inquilino del terzo piano è un altro mondo, a livello di fotografia, di regia, di approfondimento dei temi…

  5. Visto 2 sere fa. Devo ringraziarti tanto, perché grazie alle tue recensioni ho recuperato un sacco di film interessanti, e visto che – a quanto pare – abbiamo gusti molto affini, vado praticamente a colpo sicuro. 😉
    Carnage mi è piaciuto molto. I film fatti come piece teatrali in generale sono di mio gusto, e questo non ha fatto eccezione. Scene bellissime, interpreti superbi, una commedia davvero graffiante e dal retrogusto amaro.
    Anch’io, come te, l’ho trovato un po’ “edulcorato” e poco coraggioso. In generale però è un bellissimo film.

    • Ma grazie di che? 😉
      Grazie a te che io e altre persone abbiamo potuto sapere molte cose sul giappone e su a quale grado di esasperazione può far arrivare il concetto del sacrificio anche qui tanto osannato (anche se praticato leggermente meno)
      Mi fa davvero piacere che ti piacciano questi film di cui parliamo, tantissimo 🙂
      Polanski ha davvero classe, anche quando si limita: un degno erede di Bunuel, decisamente, altro autore che adoro e che spessissimo viene frainteso, addirittura attraverso un’accezione femminista ultimamente (roba da pazzi!), non che Bunuel sia maschilista però di certo pone bene i limiti che gli uomini devono sopportare in questa società a causa dell’educazione cattolica subita dalle donne… Te ce l’hai presente? Penso ti piacerebbe tantissimo anche quello!

      • Grazie del complimenti, che gentile! 🙂
        Conosco Bunuel, ma della sua filosofia e del suo lavoro non so quasi nulla. Di lui mi pare di aver visto solo Un Chien Andalou, taaanti anni fa. Mi era piaciuto: mi ricordo alcune scene abbastanza sconvolgenti (considerato quanto è vecchio il film), e poi che c’era Salvador Dali. 😀
        Hai ragione, Polanski sicuramente è un grande regista ed ha una classe pazzesca. Di tutti i film suoi che ho visto non riesco a ricordarne uno brutto.

  6. […] “L’uomo nell’ombra”, “Tess“, il recente “Carnage“. Polanski ha grande attenzione per stati di alienazione sociale e individuale che possono […]

  7. […] molti altri ancora come “Repulsion”, “L’uomo nell’ombra”, “Tess“, il recente “Carnage“. Polanski ha grande attenzione per stati di alienazione sociale e individuale che possono […]

  8. […] Forse questa volta l’argomento potrebbe interessare una cerchia più ristretta, rispetto a Carnage, in quanto ci sono in ballo elementi più meta-filmici e concernenti direttamente il mondo dello […]

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